Marco De Bon, il lupatotino esperto costruttore di Lego
Ottico e creatore per passione con 17mila followers su Instagram
Ottico di professione, costruttore Lego per passione. È cosi che Marco De Bon (nella foto), 47 anni, ottico lupatotino nell’azienda a conduzione familiare Techno Contact si definisce, raccontando di sé con semplicità ed entusiasmo. Notato ed apprezzato per la complessità delle sue realizzazioni, definite vere e proprie opere artistiche, è diventato un punto di riferimento per molti appassionati, con richieste e collaborazioni da tutto il mondo.
– Marco, quando è nato l’interesse per le Lego?
«Come milioni di bambini al mondo, dall’infanzia fino al compimento dei quattordici anni ci giocavo spesso. Poi per un lungo tempo – definito dagli appassionati “dark age” – ho lasciato perdere, fra gli studi e poi la famiglia ed il lavoro. Ma ad un certo punto, all’incirca 10 anni fa, mi ci sono nuovamente imbattuto, e anche se inizialmente non è stato semplice, non ho più smesso di costruire».
– E quando trovi il tempo per dedicarti a questo hobby?
«I ritmi delle mie giornate sono scanditi fra il negozio e gli impegni domestici. Ma alla sera, quando tutti dormono, ecco che riesco a tuffarmi nelle mie creazioni. Devo dire che è un ottimo metodo per staccare dal quotidiano e per stimolare la mia creatività. Gestisco anche i canali social, fra cui il profilo Instagram Marco_debon che conta ad oggi più di 17.000 followers».
– Come sei riuscito ad ottenere questo largo seguito?
«È stato del tutto naturale. I blog e siti per gli appassionati ed esperti selezionano dal web le opere (chiamate Moc, acronimo di My Own Creations) che ritengono maggiormente meritevoli pubblicandone la fotografia e citandoti. È cosi che può esserci un vero e proprio boom di nuovi seguaci in poco tempo».
– Come nasce l’ispirazione e quali sono i soggetti che prediligi costruire?
«La community Lego è molto vasta e collaborativa. Ci confrontiamo e supportiamo a vicenda, anche per questo motivo apprezzo molto farne parte. Spesso avviene una contaminazione positiva di idee e soprattutto di tecniche di assemblaggio che facilitano la composizione e stabilità della struttura. Poi mi lascio ispirare da video e/o immagini online ma principalmente dalla fantasia. I soggetti che prediligo fanno parte della categoria cartoni anime o manga, e sono specializzato nella costruzione di Robot come Goldrake».
– Quante realizzazioni hai portato a termine e quale è stata la più impegnativa?
«Circa un centinaio. Ma non tutte le conservo, può capitare che dopo qualche anno riutilizzi i pezzi per altre creazioni o per riproporre lo stesso soggetto ma in una versione differente, aggiungendo altri dettagli o particolarità. La più complessa è sicuramente il diorama dedicato ad Evangelion. Ho impiegato un paio di anni per vederla terminata».
– Questa forma d’arte richiede una bella dose di pazienza! E dove esponi le tue Moc?
«Cerco di conciliare anche il tempo con la famiglia, quando possibile partecipo alle fiere. A gennaio ho presenziato all’evento Oriente in Bricks, e poi annualmente partecipo al Model Expo Verona. Oltre a questa attività fieristica, aziende e privati mi commissionano alcune costruzioni contattandomi tramite i miei canali social».
– Pensi che il settore delle Lego possa evolversi ulteriormente?
«Sì, basti pensare che negli anni Novanta per reperire un unico pezzo era necessario comprare l’intero set. Ad oggi esistono circa settantamila tipologie di mattoncini differenti, i quali sono fortunatamente acquistabili singolarmente anche online su piattaforme dedicate, la più conosciuta è “BrickLink”. Il prezzo medio è di circa dieci/dodici centesimi l’uno. La maggior reperibilità del materiale necessario ha promosso ed esteso l’utilizzo delle Lego anche alla fascia di clientela adulta. È una comunità in continua espansione”.
– Cosa diresti ai bambini e alle bambine di oggi, in merito a questa tua passione?
«Direi loro che per me costruire è anche costruttivo, come lo è qualunque attività che ci stimoli ad impegnarci e che ci dia la possibilità di evolvere coltivando i nostri personali talenti».
Francesca Sinardi